NOTA CRITICA DI CARMEN D’ANTONINO:
Il luogo assoluto dove i conflitti della società e le varie dinamiche legate alla sua esistenza si risolvono in uno straordinario dinamismo di forme e colori come i veicoli delle emozioni, dei sogni e dei valori più profondi e autentici delle cose che ci circondano. Ecco l’espressione artistica di Domenico Silvestri. Nelle sue opere immortala l’istante restituendo, un ritmo dei colori uno spazio in cui prendono vita una miriade di azioni quotidiane tradotte secondo un codice e un linguaggio proprio della pittura tra la fine dell’ottocento e inizio del Novecento. Ladro d’immagine è il titolo della mostra, un titolo che ci proietta in un’immagine che sprigiona potere, che rivela immancabilmente la sua fonte, il grembo etico-estetico da cui scaturisce, enunciando il principio di un vincolo indissolubile che incrocia da una parte, gesto del dipingere e autorità e, dall’altra figura dipinta e gesta politiche. Tanto chela “guida politica” è quella di dare un compito la cui possibilità è data unicamente dalla sua naturalezza immediata: dare alla luce, esprimere, ciò che si può essere. Il pittore secondo l’esigenza dell’opera, la guida politica secondo quella della giustizia. Le peculiarità che si osservano nelle opere di Silvestri sono strettamente connesse intorno all’uso delle due parole: figura e gesto, a sua volta connesse alla sfera dell’apparenza. In questa maniera l’artista esprime un’apparenza che non mente perché rispecchia fedelmente ciò che fa apparire, come è attestato in un verso dello Ione di Euripide, dove Ione riconosce Creusa dicendole: “il tuo schema è segno di nobili modi”, intendendo la sua figura e i suoi gesti come prova immediata di nobiltà d’animo. Domenico Silvestri dà vita ad un lessico storico - artistico ricco di significato con uno schema iconografico ben preciso. Attraverso le linee guida, i gesti ricchi di pathos, i colori densi, la memoria storica, le idee, la figura umana, messaggio politico-sociale, il gioco, siamo in grado di percepire appieno l’essenza della sua arte. Possiamo definire Silvestri un rappresentante della pittura del XXI secolo così come lo sono stati Henri Matisse, Paul Gauguin, Pablo Picasso nel XX sec. Pittori eccentrici con una vastissima produzione artistica che non han fatto altro che influenzare artisti di varie tendenze e generazioni fino ad arrivare all’astrattismo americano.
NOTA CRITICA DI GENNARO PETRECCA:
Il mio personale contatto con la pittura di Domenico Silvestri è avvenuto imbattendomi in essa, esattamente come i protagonisti di molti suoi lavori si offrono allo sguardo dell’osservatore: inconsapevolmente.
È una pittura di corpi ed interni che nella sua apparente semplicità cela il tentativo, molto ben riuscito, di un rimando allo spirito dei suoi personaggi dei quali ci invita a scoprire i vizi, le intime riflessioni, gli stati d’animo, i turbamenti, seppure in una pacata compostezza formale.
Silvestri è pittore raffinato, sperimentatore e profondo conoscitore della ritrattistica dei grandi maestri e della pittura rinascimentale toscana i cui richiami sono evidenti in una serie di lavori più datati.
Magistrale la impaginazione geometrica dei suoi dipinti che unisce Piero della Francesca, Veermer e Casorati e che tanto contribuisce alla percezione del messaggio sotteso a ciò che si vede nel messaggio decodificato.
È un artista contaminato dall’influenza bizantina ed orientale che traspare dalla leziosità di alcuni tessuti e drappeggi che impreziosiscono scene ed interni apparentemente banali.
La sua indagine corre sul sottile filo che separa il compiuto dall’incompiuto, il visto dall’immaginato, il presente dal futuro, il consapevole dall’inconsapevole.
È un “ladro di immagini” al pari di un fotografo di strada, ma la sua ricerca non è tanto quella dell’attimo decisivo cui il fotografo tende, bensì quella della osservazione di scene di ordinaria vita quotidiana, bagnanti al mare, anziani in un parco, uomini in cammino o in attesa, di una umanità che non ha niente di autocelebrativo ma che semplicemente è per quello che appare.
Con una pennellata veloce abbinata a colori decisi, in alcuni casi fauve, Silvestri ammanta di un realismo magico le sue opere, le rende parlanti un linguaggio muto, forte richiamo alla società contemporanea in cui si avverte troppo spesso di essere soli nella moltitudine.
Siamo soli anche in compagnia e lo sguardo dei volti ritratti denuncia questo senso di straniamento, di ricerca di identità, è uno sguardo che grida il silenzio, il più potente fragore che esiste in natura.
In questo turbinio di corpi e di anime mi sono imbattuto in Domenico Silvestri, riscoprendo il piacere di una pittura autentica, che non deve stupire in quanto sufficiente a sé stessa e depositaria del linguaggio universale dell’arte.
NOTA BIOGRAFICA:
Nato il 28 agosto 1974 a Livigno, attualmente vive e lavora tra Livigno e Morbegno. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Bergamo e Milano. Allievo di Anke Doberauer presso Hochschule der Bildenden Kunste, München. Assistente di Susanne Ludwig a Berlino. Ha Accumulato esperienze professionali nel recupero di edifici di pregio storico sia all’estero che in Italia.
“Non ho un tema, non perseguo una ricerca che possa salvare qualcuno o qualcosa. Non ci sono temi, ma eventi. Siano essi banali, personali oppure familiari. Eventi nazionali quanto internazionali. Tutti sono accompagnati da immagini ed alcune di esse, per ragioni a me sconosciute, sfuggono dalla retorica, dalla pornografica monovalenza. Fluiscono veloci. Queste immagini mi sollecitano, mi spingono ad usarle. Una scelta istintiva. Approdare poi sulla superficie della tela dove assemblare, unire o alterare le immagini scelte. Rubate per un utilizzo improprio. Il tentativo, dall’ingenuo sapore infantile, di evidenziare aspetti che mi sembra di vedere, siano essi ironici, caustici o irriverenti. Immagini, forse per caso, che sfuggono alla griglia del compiaciuto e certo accordo. La pittura, gesto antico, trasla queste immagini e relativi eventi su di una dimensione altra dal contingente e mi pare il modo migliore per mostrare quel rumore di fondo, quella vibrazione non definibile né incasellabile. Non più evento, ma nemmeno tema”.